La certificazione dei contratti di lavoro sportivo appare quanto mai opportuna per dare certezza in ordine alla corretta qualificazione del rapporto e ridurre, pertanto, i rischi di contenzioso.
Rischi di contenzioso che possono riguardare tanto la nozione di lavoratore sportivo, quanto la corretta qualificazione giuridica del rapporto a seconda delle modalità di esecuzione della prestazione.
Un importante effetto della certificazione, inoltre, si produce nei confronti del personale ispettivo del ministero o degli enti previdenziali: in presenza di un contratto certificato, l’ispettore che dovesse assumere una diversa qualificazione dei rapporti (ad esempio ritenendo subordinati rapporti di co.co.co) deve arrestarsi e non potrà procedere contro il datore di lavoro/committente senza prima aver impugnato il provvedimento di certificazione ed attendere l’esito positivo del ricorso giurisdizionale.
La nozione di lavoratore sportivo non è omnicomprensiva, ma richiede l’accertamento di una serie di requisiti indicati dalla legge.
Ai fini della qualificazione del rapporto, la stessa legge presenta un complesso intreccio di presunzioni.
Ricorrendone i presupposti, l’attività di lavoro sportivo può costituire oggetto di un rapporto di lavoro subordinato o autonomo, anche nella forma delle collaborazioni coordinate e continuative (co.co.co).
Nei settori professionistici, l’attività sportiva prestata dagli atleti come attività principale, ovvero prevalente, e continuativa, si presume oggetto di un contratto di lavoro subordinato.
Essa, tuttavia, può costituire oggetto di un contratto di lavoro autonomo al ricorrere di almeno uno tra i seguenti requisiti:
è svolta nell'ambito di una singola manifestazione sportiva o di più manifestazioni tra loro collegate in un breve periodo di tempo;
lo sportivo non è contrattualmente vincolato per ciò che riguarda la frequenza a sedute di preparazione o allenamento;
la prestazione che è oggetto del contratto, pur avendo carattere continuativo, non supera otto ore settimanali oppure cinque giorni ogni mese ovvero trenta giorni ogni anno.
Nei settori dilettantistici, invece, il lavoro sportivo si presume oggetto di contratto di lavoro autonomo, nella forma della collaborazione coordinata continuativa, quando:
la durata delle prestazioni oggetto del contratto, pur avendo carattere continuativo, non supera le 24 (ventiquattro) ore settimanali, escluso il tempo dedicato alla partecipazione a manifestazioni sportive;
le prestazioni oggetto del contratto risultano coordinate sotto il profilo tecnico-sportivo, in osservanza dei regolamenti delle Federazioni sportive nazionali, delle Discipline sportive associate e degli Enti di promozione sportiva, anche paralimpici.
Attraverso la certificazione è possibile accertare la sussistenza di tutti i requisiti che integrano la nozione di lavoratore sportivo e che determinano la corretta qualificazione giuridica dell’attività svolta.
L’esperienza della certificazione dimostra che il contenzioso in ordine ai contratti certificati è scarsissimo. In ogni modo, in caso di controversia, è previsto un tentativo obbligatorio di conciliazione davanti alla Commissione che ha certificato il contratto, quale ulteriore misura volta a limitare ulteriormente i rischi di un giudizio i cui esiti possono essere sempre incerti.
Consulenti dello sport e Commissione di certificazione - Università degli studi di Roma, Sapienza hanno stipulato una convenzione per offrire al mondo sportivo la possibilità di ricorrere a questo strumento quanto più utile al mondo associativo.
Per informazioni scrivere a segreteria@consulentidellosport.it
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