Di Avv. Francesco Rende, Professore Associato di Diritto Privato e di Diritto Sportivo presso l’Università degli Studi di Messina.
Il recente riconoscimento, all’interno dell’art. 33 della Costituzione italiana, del “valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dell'attività sportiva in tutte le sue forme” rappresenta la definitiva consacrazione della centralità assunta dallo sport all’interno della società.
Per i primi commentatori, tuttavia, la novella si colloca in una prospettiva eccessivamente restrittiva.
Il fenomeno sportivo comprende, invero, realtà eterogenee e assai distanti, avuto riguardo alla tipologia di interessi coinvolti e alle istanze di tutela che ad essi si riconnettono.
Nel percorso che conduce dallo “sport di base” alle c.d. “realtà professionistiche” si collocano, pertanto, numerose situazioni intermedie destinate a mutare in ragione di una pluralità di fattori endogeni ed esogeni quali, ad es., la disciplina sportiva considerata, l’età dell’atleta, le scelte operate dalle istituzioni sportive, gli interessi economici degli operatori del settore e, perfino, la situazione socio-economica esistente in un dato momento storico.
Da qui la difficoltà di proporre una nozione unitaria di sport capace di ricomprendere tutte le multiformi attività in cui si articola il fenomeno sportivo.
Si pensi, ad esempio, al vivace dibattito sviluppatosi in relazione ai giochi elettronici competitivi (c.d. eSports) che vede contrapposti i fautori di una piena integrazione all’interno della famiglia delle discipline sportive tradizionali e coloro che si oppongono strenuamente a tale “ibridazione”.
All’identificazione del contenuto e dei confini del “diritto sportivo”, quale oggetto di ricerca scientifica e di insegnamento nelle aule universitarie, sono, così, dedicati (oltre a talune importanti voci enciclopediche), i primi capitoli dei numerosi manuali di studio della nostra disciplina, ma gli esiti cui pervengono i diversi autori appaiono tutt’altro che convergenti.
Ancor più arduo appare, poi, trasmettere l’essenza del binomio sport-diritto al pubblico di non addetti ai lavori al quale il carattere ludico delle attività sportive appare spesso incompatibile con l’alto livello di specializzazione necessario per dirimere le complesse questioni giuridiche connesse alle dinamiche del movimento sportivo.
Non intendiamo fare riferimento alle regole tecniche che presidiano lo svolgimento della competizione e l’attribuzione dei relativi punteggi all’interno di ciascuna disciplina; benché l’emanazione di siffatte disposizioni rappresenti una delle principali competenze dell’ordinamento sportivo, nessuna trattazione sistematica della nostra materia propone l’approfondimento di siffatti aspetti.
L’attenzione si concentra, piuttosto, sui profili del fenomeno sportivo che coinvolgono, direttamente o indirettamente, interessi primari di natura personale e patrimoniale riconosciuti dall’ordinamento statale e che, perciò, pongono il problema dell’interazione e del raccordo tra i due ordinamenti (basti pensare al tema della tutela della salute degli atleti, alla protezione dei minori, ai contratti di lavoro, di sponsorizzazione e di merchandising, alla cessione dei diritti televisivi, alla responsabilità civile, al doping).
La pratica sportiva, a qualsiasi livello esercitata, interfacciandosi, in modo del tutto peculiare, con istituti tradizionali del diritto, assume, dunque, una rilevanza che, proiettandosi ben oltre i campi di gioco, obbliga il giurista ad individuare una (equilibrata) chiave di lettura idonea preservare le prerogative dei due succitati ordinamenti chiamati spesso a regolare il medesimo fenomeno in relazione a profili differenti.
Paradigmatico è l’esempio della disciplina della responsabilità civile che, in relazione ai c.d. sport a contatto necessario, viene interpretata in guisa da adattarsi alle caratteristiche precipue del tipo di attività, ferma restando la necessità di offrire adeguata protezione ai beni primari della persona quale il diritto alla salute.
Si tratta, perciò, di questioni che richiedono un notevole livello di specializzazione.
Soluzioni giuridicamente corrette e atte a garantire un equilibrato rapporto di forza tra ordinamento statale e ordinamento sportivo esigono, invero, una piena padronanza delle regole e dei principi di entrambi i sistemi, una notevole conoscenza delle esigenze pratiche di cui il movimento sportivo è portatore e un’elevata capacità di individuare soluzioni interpretative flessibili e adattabili alle peculiarità di ciascuna disciplina sportiva.
Si comprende, allora, in questa prospettiva, l’importanza di assicurare una elevata formazione nella nostra materia fin dai corsi universitari che rappresentano il luogo elettivo per sensibilizzare gli studenti a riconoscere e governare correttamente le innumerevoli connessioni tra lo sport e la scienza giuridica.
Il moltiplicarsi delle cattedre di diritto sportivo e la loro uniforme distribuzione nei più prestigiosi atenei italiani conferma l’acquisita consapevolezza della centralità assunta dal binomio sport e diritto.
Commentaires