Le ASD non godono di una generale esenzione dalle imposte, ma hanno l'onere della prova
- Redazione
- 25 gen
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A cura di Fabio Vincitorio - Dottore Commercialista
L’Ordinanza n. 11/2025 emessa dalla sezione tributaria della Corte di Cassazione oggetto del presente contributo, verte su questioni di fondamentale rilievo e si inscrive in un ben delineato trend giurisprudenziale. In sintesi la decisione si fonda su diversi aspetti:
Sostanza dell'attività commerciale: La Corte ha rilevato che l'Associazione, pur essendo formalmente registrata come ente non commerciale, in realtà svolgeva un'attività di natura commerciale. Il ricorrente non ha fornito adeguata prova circa il rispetto delle condizioni per beneficiare del trattamento fiscale agevolato previsto per gli enti non commerciali.
Prova di gestione imprenditoriale: Le indagini della Guardia di Finanza hanno messo in evidenza una gestione sostanzialmente individuale dell'Associazione da parte del rappresentante legale, che ha sottoscritto contratti di sponsorizzazione e ha operato finanziariamente per conto dell'ente in modo che rimandava a un'attività commerciale più che a una sportiva dilettantistica senza scopo di lucro.
Onere della prova: È stato sottolineato che l'onere di dimostrare l'effettività della natura non commerciale dell'Associazione gravava sul ricorrente, il quale non ha soddisfatto tale obbligo. La Corte ha affermato che la semplice iscrizione al CONI e l'affiliazione alla F.I.G.C. non erano sufficienti per qualificare l'ente come non commerciale.
Errori procedurali e violazioni legali: Le censure relative alla violazione di principi procedurali (come il contraddittorio anticipato e l'informazione corretta durante la verifica fiscale) sono state giudicate inammissibili, in quanto non erano state sollevate adeguatamente nei gradi precedenti del giudizio.
Condanna alle spese: Il ricorso è stato rigettato, e il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, pari a 5.800,00 euro, oltre spese prenotate a debito.
In particolare, tra gli addetti ai lavori, si è più volte posto il problema se le associazioni senza fine di lucro godessero o meno di una generale esenzione da ogni prelievo fiscale, senza sottostare ad alcun onere probatorio.
Nel caso in esame, a seguito di p.v.c. della guardia di finanza, veniva disconosciuta alla asd ricorrente la natura di ente non commerciale, fondamentale ai fini delle agevolazioni tributarie ai sensi della L. 398/1991. Ciò in quanto era risultato che la gestione era in mano al medesimo soggetto che rivestiva anche il ruolo di rappresentante legale. Ebbene, Se in primo grado era stato accolto il ricorso della asd, in secondo grado e in cassazione venivano emesse pronunce di segno opposto, accogliendo così le contestazioni dell’ agenzia delle entrate.
In primo luogo, condivisibilmente a quanto affermato dalla Cassazione, va evidenziato che ai fini del riconoscimento del regime agevolato (ex art. 1 l. 398/1991) sono necessarie da un lato la qualifica formale di asd e dall’altro la verifica in concreto sull’attività svolta dalla asd stessa. Ciò per evitare che la veste giuridica sia nel concreto utilizzata quale schermo di un’attività commerciale.
Sovente ci si è infatti trovati di fronte a sedicenti associazioni senza scopo di lucro che in svolgevano in realtà attività commerciale aggirando così la normativa di riferimento a danno dell’erario e andando incontro a pesanti sanzioni.
Va rilevato come per beneficiare delle suddette agevolazioni occorra il possesso di determinati requisiti, di natura sia formale che sostanziale, quali, in particolare:
la devoluzione del patrimonio in caso di scioglimento,
l’affiliazione ad una federazione e/o ad un ente di promozione sportiva o, ancora, ad una disciplina sportiva associata,
il divieto di distribuzione - anche indiretta - di utili.
Tutti requisiti, questi, che in sede di verifica devono risultare rispettati ed effettivamente attuati dalla asd.
Ebbene, nel caso in commento, era emersa la assoluta mancanza di documentazione, libri contabili, verbali, libri dei soci, “aggravata” dal fatto che il rappresentante legale effettuava movimenti ingiustificati sul conto corrente dell’associazione e ometteva di chiarire la destinazione dei ricavi derivanti dai contratti di sponsorizzazioni di cui la asd era parte.
Da tali circostanze emerse nel corso dell’ istruttoria, dettagliatamente contestate dalla GdF e, successivamente, dall’Agenzia delle Entrate si evince come l’ente svolgesse surrettiziamente attività di natura commerciale in forma individuale, al fine di giovarsi delle agevolazioni fiscali previste.
In tema di agevolazioni tributarie, l’esenzione d’imposta prevista dall’art. 148 del TUIR e dall’art. 4 comma 4 del DPR 633/72 in favore delle associazioni sportive dilettantistiche, dipende non solo dall’elemento formale della veste giuridica assunta, ma anche dall’effettivo svolgimento di attività senza fine di lucro il cui onere probatorio incombe sulla contribuente. Ciò che rileva è che le associazioni interessate si conformino alle clausole relative al rapporto associativo, che devono essere inserite nell’atto costitutivo o nello statuto (cfr. Cass. 9432/2024, 20123/2018 e 16449/2016).
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