Agenti sportivi, tensione alle stelle: il nuovo regolamento FIGC divide il settore
- Redazione
- 3 giu
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Aggiornamento: 4 giu

di Carlo Mormando - Avvocato in Lecce
Non è passato inosservato il nuovo Regolamento Agenti Sportivi della FIGC, pubblicato lo scorso 23 aprile con il Comunicato Ufficiale n. 255/A dello scorso 23 aprile. Ha sollevato, in vero, un’ondata di critiche e perplessità che non si sta affatto acquietando. La decisione al centro della bufera è quella della Federazione di recepire — seppur parzialmente — alcune disposizioni del regolamento mondiale sugli agenti (FIFA Football Agent Regulations), approvato dalla FIFA ed in parte sospeso dalla stessa attraverso la circolare n. 1873 del dicembre 2023.
La FIGC, atteso l’immobilismo del legislatore, ha deciso di muoversi comunque, approvando una riforma che punta a modernizzare la figura dell’agente sportivo allineandola, per quanto possibile, agli standard internazionali. Tuttavia, non tutti hanno accolto con favore queste modifiche e non sono poche le voci che parlano apertamente di una frattura tra la Federazione e le principali associazioni di rappresentanza degli agenti. Perché se da un lato si recepiscono regole FIFA in nome dell’internazionalizzazione, dall’altro si rischia di creare una confusione normativa, soprattutto per chi opera esclusivamente nel mercato italiano.
Nodo della discordia la (in)coerenza del regolamento federale con la normativa nazionale italiana. In Italia, infatti, la professione di agente sportivo è regolamentata dal D.Lgs. 37/2021, attuativo della Legge 86/2019. Una riforma pensata proprio per dare dignità e struttura a questa attività, che riconosce agli agenti un vero e proprio inquadramento professionale. Tuttavia, l’attuazione piena di questa normativa è ancora in stand-by, in attesa dell’ultimo decreto attuativo promesso da mesi.
Uno degli aspetti più discussi riguarda la nuova definizione di “agente sportivo domiciliato”. Nel precedente assetto normativo, per ottenere questa qualifica era necessario dimostrare una residenza estera di almeno un anno, essere abilitati da una Federazione straniera e aver eseguito almeno due mandati nell’ultimo anno. Ora, invece, basta essere abilitati dalla FIFA e iscritti al relativo registro per operare in Italia. Un cambio di rotta radicale, che riduce le barriere all’ingresso ma solleva dubbi sulla tutela della qualità e della professionalità.
Meno discusse, invece, la lunga serie di cause ostative all’iscrizione al Registro federale, soprattutto in relazione a reati penali, conflitti di interesse (come legami con il mondo delle scommesse), o situazioni di incompatibilità con ruoli dirigenziali in ambito sportivo introdotte dal nuovo regolamento.
Anche sul fronte dei contratti si segnalano rilevanti modifiche. Vengono vietate le clausole che impediscono ai calciatori di trattare autonomamente con le società, anche se rappresentati da un agente.
Viene inoltre limitata la possibilità per l’agente di ricevere compensi in alcuni casi, come per contratti conminorenni o apprendistati, e viene negata la possibilità di inserire clausole di penale o revoca automatica a tutela del mandato.
Cambia pure la procedura per la domiciliazione: ora è necessario presentare nuovi documenti, tra cui il certificato di nazionalità e la prova dell’abilitazione FIFA.
Ma cosa accade nel periodo di transizione? Specifiche norme prevedono che i mandati in essere restino validi fino alla scadenza naturale, ma per un massimo di due anni, senza possibilità di tacito rinnovo.
In questo clima incerto, il malcontento cresce. Molti addetti ai lavori temono che si stia andando verso una deregulation mascherata, in cui la professione rischia di essere banalizzata, aprendo le porte a operatori improvvisati o poco qualificati.
Certo è che la normativa italiana è ancora in attesa di completamento. In assenza del decreto attuativo finale, la convivenza tra regole nazionali e regole federali rischia di diventare un ginepraio giuridico. E mentre le associazioni valutano il da farsi, tra ricorsi e interlocuzioni istituzionali, resta l’urgenza di fare chiarezza per garantire stabilità a un’intera categoria professionale, specialmente in questo momento alle porte del mercato estivo.
Senza un’armonizzazione chiara e condivisa, il rischio è che si creino zone più “permissive” dove gli agenti potranno operare facilmente, e altre più restrittive che finiranno per penalizzare non solo i professionisti, ma anche i calciatori e le società. In assenza di regole comuni, si rischia di spingere i trasferimenti verso quei Paesi dove l’attività degli agenti è meno regolamentata, con conseguenze dirette sulla concorrenza e sull’equilibrio del mercato calcistico globale. Serve un intervento coordinato tra FIFA, Stati e federazioni per garantire trasparenza, equità e certezza del diritto per tutti gli attori coinvolti.
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