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Il ruolo dello sport nella tutela e nel riscatto dei giovani

Francesco Maria Graziano

A cura di Francesco Maria Graziano - Avvocato


La nostra società muta a velocità vertiginose, di pari passo con lo sviluppo frenetico delle

tecnologie, secondo modalità assai complesse, difficili da decodificare.


Le notizie di cronaca ci restituiscono un quadro allarmante sul mondo dei giovani che sembrano aver perso punti di riferimento, vagando spauriti in un macrocosmo all’interno del quale sono incapaci di utilizzare strumenti cognitivi funzionali ad affrontare le tappe evolutive della infanzia e dell’adolescenza.


Disagio giovanile crescente e povertà educativa imperante conducono a fenomeni di devianza generalizzata e trasversale che si registra su tutto il territorio nazionale.


I nostri ragazzi sono sempre più affetti da disturbi psicopatologici che il SSN stenta a fronteggiare, per mancanza di risorse e di strutture di accoglienza adeguate.

I minori tendono ora a rinchiudersi in pericolosi aurei isolamenti domestici (hikikomori), ora ad

agire e reagire secondo comportamenti pilotati da una violenza inusitata che i più definirebbero ludica, tattica egemonica, a tratti pericolosamente inconsapevole.


Il nichilismo e l’assenza di obiettivi o meglio la mancanza di volontarietà di perseguirli, fanno si che condotte devianti colmino i vuoti lasciati dall’inappagato desiderio di trovare la propria identità, andando ad insinuarsi negli spazi lasciati liberi dall’assenza valoriale.


Bullismo, cyberbullismo, gang giovanili, autolesionismo, suicidi, reati a mezzo internet, alcolismo, tossicodipendenze, precocizzazione nell’età di commissione dei reati, ignoranza digitale, sono tutti aspetti di un poliedro a mille facce costruito sulle proteiformi problematicità di un Paese oggi multietnico e multiculturale: integrazione dei minori stranieri non accompagnati e dei minori stranieri di prima e seconda generazione; devianza cd. “borghese”; adesione esogena e/o endogena ad associazioni a delinquere sparse sul territorio, degrado delle periferie urbane etc.


Questo quadro non edificante viene letto dagli addetti ai lavori attribuendo un peso eziologico determinante al parziale fallimento delle principali agenzie educative quali la famiglia, la scuola ed in parte la comunità ecclesiastica.


Il sistema di giustizia minorile viene reputato in crisi e sia le Procure che i Tribunali per i minorenni fotografano un unanime spaccato: incremento della efferatezza degli agiti che però non necessariamente corrisponde all’aumento percentuale del numero dei reati, diffusione del porto di armi bianche, sottodimensionamento dell’organico dei magistrati, inadeguatezza delle risorse economiche impiegate, chiusura dei centri di comunità, fuga degli educatori dalle strutture deputate all’accoglienza.


Vogliamo tuttavia credere che nel mezzo di una vera e propria tempesta che non accenna a placare il proprio moto ondoso una ancora di salvezza ed un porto sicuro possano e debbano essere rappresentati dallo sport sia in ottica preventiva che rieducativa.


Mi riferisco in particolare al fatto che istituzioni, scuola, famiglia e chiesa stanno cominciando a comprendere come l’attività sportiva, amatoriale o professionistica, possa assurgere a ruolo fondante ed a pilastro della nostra società e come gli stanziamenti in ambito sportivo non costituiscano un costo ma un investimento, specie in relazione all’elevatissimo numero di adepti della comunità sportiva tra dirigenti, tesserati e atleti (circa 14.000.000 di individui).


La modifica dell’art. 33 della Costituzione che ora recita: “La Repubblica riconosce il valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dell'attività sportiva in tutte le sue forme” non è quindi che il primo passo verso un riconoscimento ufficiale e definitivo del diritto allo sport in Italia.


Giustizia minorile e valenza dello sport:


a) in ottica preventiva


Le pur pregevoli argomentazioni che magnificano la pratica sportiva come intrinsecamente

educativa in quanto impone il rispetto di regole universalmente riconosciute, che abbattono barriere culturali ed etniche e insegnano il confronto leale, promuovendo valori fondanti quali la correttezza, la solidarietà e l’acquisizione di nozioni fondamentali per lo sviluppo di competenze civiche, (v. Carta Olimpica, Libro Bianco dello Sport, Legge Cost. n. 1/2023, Legge n. 205/2017) rischiano di rimanere lettera morta laddove tutti i tasselli necessari per comporre il mosaico della prevenzione rispetto ai fenomeni di devianza non siano messi al loro posto.


Mi riferisco a :

  1. Stanziamento di fondi per rendere l’accesso allo sport condiviso e democratico (troppe famiglie allo stato attuale non possono permettersi il pagamento di una retta per un corso sportivo);

  2. Percorsi di sostegno alla genitorialità ivi compresi corsi di formazione e sensibilizzazione sulla valenza dello sport già nei primi anni di vita del bambino (nei primi 1000 giorni);

  3. Potenziamento ed incremento sia delle ore di attività fisica nelle scuole, sia degli spazi fisici ove esercitarla;

  4. Sviluppo delle progettualità sportive all’interno degli oratori e di tutti i centri di aggregazione sul territorio che assumono un ruolo in termini di inclusione delle famiglie;

  5. Formazione altamente specializzata di tecnici e dirigenti anche e soprattutto in ambito di comunicazione, pedagogia e scienze psicosociali allo scopo di renderli efficaci nel parlare ai cuori dei ragazzi sia con l’esempio sportivo che con le capacità professionali acquisite;

  6. Monitoraggio al livello istituzionale e di terzo settore in ambito sportivo con rilevazioni

    statistiche/demoscopiche e demografiche in materia di accesso allo sport;

  7. Incentivazione, tramite risoluzione di problemi burocratici ed amministrativi, dello sport in favore dei giovani con background migratorio;

  8. Infine ma non da ultimo prospettazione, anche al livello comunicativo, di possibilità di impiego e lavoro futuro nel mondo dello sport per i minori.


L’elencazione, sicuramente non esaustiva, fornisce la cifra di quanto le istituzioni statali e sportive nonché gli enti del terzo settore, la scuola e la famiglia debbano fare rete e collaborare realizzando un sistema di prevenzione “sportiva” dinamica ed operativa.


Nei fatti, nell’ambito della giustizia penale minorile il cd. “Decreto Caivano” (D.L. 123/23 - convertito in L. n. 159/2023), pur criticato per la natura e gli effetti di alcune misure previste nel pacchetto giustizia e sicurezza, ha avuto il pregio di fungere da apripista per una politica di riqualificazione effettiva delle zone di degrado ad alto tasso e rischio di criminalità minorile, prevedendo la edificazione e ristrutturazione impiantistica sportiva all’interno del tessuto urbano da preservare.


E’ notizia recentissima quella dello stanziamento di cospicui fondi per esportare detto modello operativo in almeno 8 ulteriori difficili contesti urbani, proprio in ottica preventiva e devo dire che questa progettualità è stata già posta comunque in essere in modo eterogeneo in Italia anche con altre modalità, (vedasi ad esempio apertura di palestre pugilistiche delle Fiamme Oro –su iniziativa originaria di Don Antonio Coluccia nel contesto di Roma San Basilio o nella Provincia di Caserta).


Prevenire vuol dire proprio questo, sottrarre i giovani alla criminalità prima che vi aderiscano,

costruendo alternative alla ineducazione, alla noia, all’uso sconsiderato dei device, contribuendo allo “scaffolding” educativo inteso come strategia di costruzione al livello cognitivo ed emozionale degli adulti del domani. Lo sport costituisce forse l’arma più potente per il raggiungimento di tale obiettivo.


b) in ottica rieducativa


Il sistema di giustizia minorile italiano, a partire dalla sua istituzione nel 1934 e attraverso le

riforme successive costituite dal D.P.R. 488/1988 e dal D.Lgs. 121/2018 ha virtuosamente radicato la preminenza della finalità rieducativa o più correttamente “educativa” della pena, sancendo i principi di minima offensività del processo e della residualità della detenzione al fine di promuovere il recupero sociale integrale e l’inclusione sociale del minorenne, prevenendo e scongiurando le ipotesi di recidiva.


Il fulcro di questo approccio è il programma di intervento educativo, un progetto individualizzato che deve essere predisposto per ogni misura penale di comunità.


Tale programma è volto a promuovere l'evoluzione positiva della personalità del minore e il suo recupero sociale, attraverso strumenti quali l'istruzione, la formazione professionale e, significativamente, "attività culturali, sportive e di tempo libero".


Anche l'istituto della sospensione del processo con messa alla prova (art. 28, D.P.R. 448/88) si

inserisce in questa logica. Esso permette di evitare l'ingresso del minore nel circuito penale attraverso un progetto che può includere lo studio, il lavoro, il volontariato e anche lo sport, come parte degli "impegni specifici che il minore si assume".


I fatti di cronaca ci restituiscono però una sofferenza degli istituti penitenziari minorili (sommosse, evasioni, suicidi, assenza di spazi ricreativi) così come delle comunità di accoglienza (chiusure, fughe dei minori, interruzione o fallimento dei progetti educativi) evidenziando una oggettiva crisi del sistema.


Ebbene nella dimensione riparativa ed educativa lo sport deve assumere un ruolo preminente in quanto può intercettare meglio di ogni altra attività con celerità i bisogni e le esigenze dei ragazzi che agiscono comportamenti devianti.


Si dice oggi che noi adulti abbiamo perso la capacità di affascinare i giovani con progetti di reinserimento e recupero effettivi e che non comprendiamo come la percezione del tempo che hanno i minori ristretti o attinti da misure di esecuzione penale sia differente dalla nostra.

Lo sport deve entrare allora con forza dirompente negli IPM attraverso programmi ed attività

continuative e periodiche così come deve essere posto alla base delle messe alla prova, consentendo ai ragazzi di sperare in un immediato futuro migliore anche in ottica di collocamento nel mondo del lavoro.


Si rileva con una punta di soddisfazione che istituzioni politiche e sportive, Tribunali per i minorenni, enti del terzo settore e associazioni sportive si stanno progressimanente muovendo in questa direzione.


A scopo esemplificativo cito i progetti:


  • "Play for the future": Promosso dalla FIGC – Settore Giovanile Scolastico d’intesa con la

    Fondazione CDP e la Fondazione Milan, rivolto sia ai minori in "messa alla prova" o in misure di comunità, sia a ragazzi detenuti negli IPM, offrendo percorsi di formazione, orientamento al lavoro e corsi per acquisire competenze come assistente istruttore, con il rilascio di un attestato finale.

  • "Tutta un'altra partita": Realizzato dal Centro Sportivo Italiano (CSI) di Reggio Calabria, all’interno del quale i ragazzi acquisiscono qualifiche di educatore sportivo, arbitro o animatore.

  • I numerosi protocolli di intesa tra Tribunali per i Minorenni (Roma e Milano ad esempio), Coni Regionali, COA territoriali, Centri di Giustizia Minorile e di Comunità per la messa alla prova in ambito sportivo;

  • La convenzione del Ministero di Giustizia per lo svolgimento del lavoro di pubblica utilità tra il Tribunale per i minorenni di Milano e il Centro Sportivo Italiano;

  • Il protocollo d’intesa tra l’associazione nazionale dei comuni Italiani (ANCI) e il Comitato Olimpico Nazionale Italiano (CONI) per favorire l’inclusione sociale dei minori attraverso lo sport;

  • Il piano nazionale integrato “Sport di tutti – Carceri”, promosso da Sport e Salute e dal Dipartimento dello Sport per il sostegno di progetti nelle carceri per adulti, negli IPM e nelle comunità di accoglienza minori”;

  • Il protocollo d’intesa tra Catania Football Club, Tribunale per i Minorenni di Catania, Procura della repubblica presso il TM di Catania e l’U.S.S.M. di Catania per la realizzazione di attività sportive per minori e giovani adulti dell’area penale esterna;

  • Il protocollo tra FISE, assessorato all’agricoltura, Procura e Tribunale per i Minorenni di Catania per la promozione di attività sportive di minori e giovani adulti destinatari dell’attività giudiziaria minorile penale e civile;

  • l’accordo tra Federazione Italiana canottaggio ed il DGMC del Ministero di Giustizia per attività sportiva in ambito di progetti di intervento educativi e messa alla prova;

  • Il protocollo tra Lega Navale Italiana e Tribunale per i Minorenni di Roma e CONI regionale per messa alla prova in ambito sportivo;

  • Il protocollo tra Comune di Perugia, TM di Perugia, Procura presso il TM, Coni Umbria e altri partner per attività sportiva per detenuti, messi alla prova, condotte riparatorie e lavori socialmente utili in ambito sportivo.

  • L’atavico coinvolgimento della UISP in progetti per minori e sport in ambito carcerario;

  • I progetti ed il coinvolgimento della Federugby in attività sportive all’interno dell’IPM di Casal del Marmo.


Queste iniziative dimostrano come lo sport non sia solo un'attività ricreativa, ma una componente strutturata e finalizzata del percorso di recupero, in cui il minore è chiamato a un comportamento attivo e responsabile.


L'integrazione dello sport nei percorsi di giustizia minorile non rappresenta, quindi, una mera opzione, ma una strategia coerente e necessaria per realizzare appieno la preminente finalità educativa della pena.


C’è a questo punto l’esigenza di dare seguito ed omogenità Istituzionale condivisa a tutti questi lodevoli ma eterogenei e frammentari spunti progettuali.



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