Le comunicazioni nel mondo del lavoro, anche sportivo
- Katia Arrighi

- 19 ago
- Tempo di lettura: 5 min

A cura di Katia Arrighi consulente del lavoro
Le comunicazioni per collaboratori e dipendenti vengono percepite molto spesso come adempimenti inutili che comportano solo eccessive perdite di tempo o dispendio di denaro.
E’ tipico del procedimento mentale comune: ciò che dà fastidio o non si comprende viene percepito come “ inutile e superfluo”.
In realtà se applicassimo un po’ di ragionamento ai discorsi che facciamo, o alle letture che diamo alla realtà, cercando di sforzarci nel trovare il perché di tante o molte cose, capiremmo che “dichiarare“ allo “Stato“ (e giuro che sto usando un linguaggio volutamente semplicistico) le persone che collaborano con noi è semplicemente per permettere che non ci siano problemi di nessun tipo.
Per anni ho sentito invocare da parte di centinaia di operatori del settore che “lavorare nello sport merita di essere considerato un lavoro vero“ e poi quando si chiede di applicare i medesimi trattamenti previsti per gli altri settori, chissà perché, il discorso cambia e si fa sfuggente perché , ed è innegabile, ancora una buona parte del tessuto sociale dello sport vorrebbe esattamente questo:
lavorare senza pagare tasse;
percepire i soldi senza fare nessun tipo di adempimento ;
considerare il lavoro sportivo come agevolato per cui niente adempimenti o scocciature di comunicazioni perché tanto “lo facciamo con passione”.
Dire il contrario significa narrare la realtà per come dovrebbe essere ma non sempre è, purtroppo.
Sto estremizzando lo so ma in molti riconosceranno, leggendo queste riflessioni, molti discorsi sentiti in palestre o in incontri.
“Il mondo dello sport è fatto di gente che non prende tanti soldi”.
Anche questa è una altra leggenda che viene narrata ripetutamente e poi quando faccio invece l’analisi dei cedolini che emettiamo io trovo compensi in alcuni casi minimissimi ma in molti casi di non poche migliaia di euro.
Molti si aggirano fra i 5000 e i 10000 euro ( la stragrande maggioranza ) e dovremmo riflettere che gli importi per le assistenze in caso di necessità sono di un minimo di 480 euro al mese (su 12 mesi ).
Quindi, analizzando la situazione e iniziando a ragionare che il lavoro sportivo è un “lavoro“ a tutti gli effetti e che quindi segue, seppur con particolarità proprie, le regole del lavoro in generale , analizziamo insieme cosa succede nel caso in cui non si pongono in essere gli adempimenti legati all’assunzione e si ha la sfortuna, o il fato, di avere un controllo da parte degli organi accertatori.
Cosa si intende quando si parla di lavoro NERO o di lavoro SOMMERSO
Con queste espressioni e modi di dire si intendono tutti quei rapporti di lavoro per i quali il datore di lavoro si avvale di prestazioni lavorative di un lavoratore senza riconoscergli alcuna copertura previdenziale, assicurativa e di tutela previste dalla legge, evadendo le imposte e collaborando senza un valido e regolare contratto di lavoro e senza nessuna formalizzazione mediante il sistema delle comunicazioni instauranti i rapporti di lavoro.
Non sempre il LAVORO NERO è imposto dal datore di lavoro.
A volte è “richiesto anche“ dal collaboratore con frasi come:
non voglio dichiarare redditi per l’Isee;
non posso dichiarare reddito per ………………..;
Dottoressa lei non può dirmi che devo pagare le tasse perché altrimenti come faccio a vivere?
ecc ecc ecc
Se qualcuno afferma di non avere mai sentito frasi del genere sta narrando la realtà per come dovrebbe essere e non per come è nella vita di borgata di ogni giorno.
Per non parlare dei casi in cui, ad esempio, per particolari ragioni non si può operare nel mondo sportivo per cui si cercano (perché un amico che li consiglia c’è sempre), escamotage di dubbia moralità ma di assoluta fantasia.
“ no”, ripeto spesso .
“ ma guardi che si può”, mi sento rispondere
“ ho detto di no “
“ ma ne è certa? Perché il mio amico invece il suo commercialista gli fa fare………….”
Di solito li rido perché in ogni assassinio è sempre colpa del maggiordomo mentre quando si tratta di non comprendere (o non volere comprendere) le normative, di solito è colpa del professionista che assiste.
“il commercialista non centra nulla ed è impossibile abbia detto questo. Se è no e’ no e basta. Io non devo trovare soluzioni fantasiose ma devo applicare la normativa”.
E cosa rischia una persona che ha personale di collaborazione o dipendente non regolarmente assunto e inquadrato ( oltre che comunicato)?
Le analizziamo insieme nelle pagine seguenti.
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